Marco Morabito - Capo Istruttore

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Di Andrea Becca

 

“La forza non dipende dalla capacità fisica; la vera forza si sprigiona da una volontà indomabile”.

 

 

Questa massima scritta dal Mahatma Gandhi ben si adatta a Marco Morabito.
Morabito è un uomo in apparenza mite, semplice, preciso e garbato nell’eloquio. Il suo sguardo è deciso e onesto, i suoi modi educati e dolci. Nessuna ostentazione del suo corpo, nessun tatuaggio appariscente, nessun simbolo aggressivo. Coppe, medaglie, riconoscimenti di ogni genere, sono tenuti in disparte. Umile ed elegante, Morabito si presenta nella simpatia di un carattere determinato e preciso. Difficile immaginare che Marco Morabito sia un maestro in moltissime discipline marziali. Le sue competenze vanno dal Karate giapponese (scuola Shotokan e scuola Shito Ryu) alla Box Francese Savate, dal Kung Fu cinese alla Kick Boxing. Morabito è uno dei più richiesti professionisti nel settore della difesa personale. Questo maestro insegna in una palestra frequentata – oltre che da persone comuni – dalle forze dell’ordine, militari e operatori dedicati alla sicurezza. È stato consulente per l’addestramento militare e paramilitare di forze speciali anti-sommossa e anti-terrorismo. Morabito è oggi un vertice importante nel suo settore, continua a essere premiato per i suoi successi professionali in tutta Europa ed è il solo maestro italiano riconosciuto a livello mondiale per alcune discipline marziali e sistemi di difesa personale. Non è facile che Marco si apra raccontando la sua vita, ma abbiamo ripercorso insieme alcune tappe della sua carriera. Così gli abbiamo chiesto quali siano stati i suoi sia esordi, quale sia stata la molla che abbia fatto scattare questa passione e come abbia cominciato a praticare le arti marziali.


Morabito: gli esordi
“Ricordo con grande tenerezza” ci ha detto Morabito, “una figura nella mia infanzia. Mio zio era un boxeur e amava giocare con me quando avevo cinque anni. A quell’età ero affascinato dai movimenti di questo adulto che occupava il suo tempo spiegandomi i rudimenti dei colpi base e delle parate. Amavo quei momenti della sera in cui, lui – grande e grosso – fingeva di combattere con me mettendomi sul tavolo della cucina per farlo sembrare un combattimento a pari livello. Forse è stato lì che ho cominciato a capire che la mia forza non era nelle mie braccia, ma nella voglia di non arrendersi mai, nell’accettare la sfida anche quando sembra impossibile da affrontare. Direi che in quei primi momenti, ho sentito la mia vera forza, quella del mio spirito”.


Qual è stata la prima arte marziale che ha praticato?
“Quando eravamo ragazzi, non c’era una grande scelta.” Ci ha risposto Morabito, “Ho cominciato in una palestra di Kung Fu. Influenzato dai film di Bruce Lee, ho cominciato a sviluppare questa passione per il combattimento. In quei primi giorni, dopo gli allenamenti mi ritrovavo con un pugno di amici in un box per provare, rivedere e studiare nuove mosse. A dire il vero studiavamo più da autodidatta che da bravi allievi. ” Marco si allena moltissimo in palestra in sessioni di 20 ore alla settimana. Un’abitudine che non ha perso nemmeno oggi, una passione che gli consente un’energia straordinaria anche per un atleta della sua preparazione. “Oltre alle difficoltà legate alle forme, ” ha continuato a spiegarci Marco, “mi rendevo conto delle lunghe tempistiche di apprendimento connesse alle arti marziali come il Kung fu. Questa disciplina cinese favorisce posture derivate dal comportamento di animali, come la mantide religiosa ad esempio, che sono lunghe da apprendere nella naturalità del loro svolgimento. Inoltre, sono utilizzate delle armi classiche molto belle, ma del tutto obsolete come l’alabarda. Anche da ragazzo mi rendevo conto di questi anacronismi e di queste difficoltà. Così ero alla ricerca di qualcosa di più, pur avendo raggiunto ottimi livelli. ”All’epoca l’attività più diffusa era sicuramente la boxe che veniva insegnata in diverse palestre. Però è stata la boxe francese, ovvero la Savate ad appassionarmi maggiormente e a spingermi a provare nuove tecniche e nuovi stili di combattimento. Con questa preparazione atletica e psicologica, mi sono avvicinato anche al Kick boxing di origine americana. Ho, infine, confrontato questi stili con la Thai boxe di origine tailandese. Non sono una persona che lascia a metà le cose: in tutte queste discipline ho cercato di raggiungere il miglior livello possibile e di gareggiare con i migliori maestri del momento. Ma la cosa più importante, penso, è l’esperienza che ne ho ricavato dall’entusiasmo infaticabile che avevo allora. “Sempre nello stesso periodo, riuscii a iscrivermi a un corso di Karate stile Shotokan. Avevo già molta esperienza in combattimento e in tecniche di autodifesa. Grazie a queste conoscenze sono riuscito a diventare cintura nera e a ottenere il primo Dan. In quegli anni la mia sete di conoscenza non sembrava placarsi. Così mi sono avvicinato all´Escrima, uno stile conosciuto anche come Kali o Arnis de Mano, ovvero un sistema di lotta filippino che - unito alle altre tecniche - mi sembrava un sistema di combattimento più efficace.”.

 

Cosa l´ha portata a criticare la sua preparazione?
In Francia, vicino a Marsiglia, mi sono trovato a sostenere una serie di combattimenti. Si trattava di match con tecniche miste. Il terzo incontro mi fu fatale. Per la stanchezza non riuscii a schivare una bastonata che mi battezzò direttamente sulla fronte. Si tratta di un´esperienza che mi "segnò" sia fisicamente, sia psicologicamente. Fisicamente mi costrinse a curarmi un grosso bozzolo sulla fronte; psicologicamente mi spinse a cercare altre tipologie di lotta che preparassero a un combattimento moderno e ricco di colpi sporchi o imprevisti.”.

 

 

 

Marco Morabito - parte 2