I lividi psicologici

I lividi psicologici 

A cura di Maria Zuccarelli, con la consulenza del Dott. De Vincenzi Giacomo, specializzato in Psicologia Sportiva e Gestione delle Risorse Umane

 

Il Dott. Giacomo De Vincenzi ha prestato la sua opera come volontario, presso il Centro “Associazione Centro AN.VI.” di Milano. Da questa esperienza ha riportato un senso di tristezza, che non riesce a levarsi di dosso, se pensa a come gli essere umani si “abituino” alle situazioni più dolorose, come fosse la cosa più naturale del mondo, spesso nascondendo disagio e dolore. Oggi vogliamo porgli delle domande difficili: 

Perché in Italia un giorno sì e uno no, una donna viene uccisa dal proprio marito, fidanzato o ex convivente?
E soprattutto, perché una donna ai primi segnali di violenza, anche verbale, anziché allontanare definitivamente il proprio partner si preoccupa della nuova scusa da raccontare ai colleghi, alle amiche e ai propri figli, per giustificare lividi e percosse? La verità è che queste relazioni sono malate fin dal principio sono relazioni che non si fondano sulla cura reciproca e sull’affetto, bensì sulla continua pretesa di possesso da parte dell’uomo sulla donna. 

Il femminicidio è la prima, ripeto, prima causa di morte nel mondo per le donne in età compresa tra i sedici e i 42 anni, ma nonostante ciò il problema viene troppo spesso taciuto, tenuto all’oscuro dalle vittime stesse che pagano con gravi conseguenze psicologiche le violenze domestiche. 

Perché le donne che subiscono con continuità le violenze cominciano a perdere autostima, senso di sé, fino a perdere il senso della realtà? 

Le donne maltrattate provano sensi di colpa nei confronti del partner e, lavorando continuamente con loro, si riesce a comprendere come si sentano responsabili della relazione e tendano ad addossare a sé il peso del fallimento, quando il rapporto, alla fine si chiude. Quando si rivolgono alle istituzioni o associazioni d’aiuto, è evidente l’enorme diffidenza che nutrono nei confronti degli operatori. Tale cautela spesso si associa alla vergogna nel chiedere aiuto che viene percepita percepita come una sorta di tradimento nei confronti del partner, un atto subdolo e sbagliato. 

Dai loro racconti emerge, quasi sempre l’atteggiamento a giustificare incondizionatamente i comportamenti del proprio uomo. Ogni donna maltrattata finisce infatti per attribuirsi quasi la responsabilità delle violenze. Ed è proprio questo che testimonia come la loro sia stata completamente calpestata. L’integrità della donna maltrattata è devastata a tal punto da impedirle ogni tipo di reazione alla violenza. 

Ulteriore aspetto di grande importanza è l’ambiguità in quanto la violenza si perpetra in una relazione affettivo-familiare per cui la donna prova un’enorme confusione che sfocia in sintomi dissociativi, sensazione di testa vuota, impoverimento emotivo e l’incapacità di reagire in qualche modo. 

Da cosa si evince la netta perdita dell’autostima? In cosa si traduce? Come si può recuperare?
La perdita sempre più evidente di autostima viene somatizzata attraverso insonnia, tachicardia, stati depressivi, disturbi gastrointestinali, ansia generalizzata. 

Un sistema difensivo che scatta nelle donne che subiscono il trauma della violenza è il ritiro emotivo, il “sentimento di non provare sentimenti”, l’anaffettività. 

Lavorando a contatto con le donne maltrattate, si nota come denominatore comune un’inespressività del viso agghiacciante, che si riflette anche in un grande distacco nei loro racconti. 

Il proprio punto di vista è perduto: le ragazze faticano a esprimersi, a esporre la propria opinione, stanno attente a cosa dicono e a chi lo dicono. Ormai hanno interiorizzato il punto di vista del loro carnefice per cui entrano in contatto con il mondo mediante i sentimenti e i desideri del proprio partner.
Ed è proprio a partire da questo punto che si deve lavorare per far uscire la persona maltrattata dal tunnel della violenza: affinché possa riappropriarsi dei propri punti di vista, i desideri, il proprio senso di realtà. È necessario lavorare su obiettivi piccoli e realizzabili favorendo una ri-acquisizione dell’autostima delle donne. 

Se non si lavora sul senso di realtà, non si riesce a far comprendere loro la gravità della situazione rischiando che questa degeneri in modo tragico. 

Affinché il senso di realtà e la consapevolezza su ciò che sta accadendo non siano perdute totalmente, è di vitale importanza il sostegno in termini di opinione pubblica, sensibilizzazione, impegno e azione. 

Qualcosa sta cambiando: donne che con coraggio iniziano a denunciare sempre più e l’interesse delle istituzioni. Aziende come Equilibra si adoperano con progetti impattanti sul territorio italiano. Persone che scendono in campo in modo decisivo per agire sulle coscienze al fine di arginare un fenomeno che è la prima causa di morte delle giovani donne.